L’Isola

L'Isola di Dino e la Torre di FiuzziL’Isola di Dino, una delle antiche Itacesi, è sostanzialmente l’unica isola della Calabria, tenuto conto che quella di Cirella, a circa venti miglia, è poco più che un enorme scoglio. Emerge sul litorale nel Golfo di Policastro, poco più a Sud di fronte a Praia a Mare (CS), a breve distanza dalla costa, di fronte a Capo Arena e alla Torre di Fiuzzi. Un tempo, un istmo la collegava alla terraferma, ma i fenomeni di erosione, cui tutta la zona è soggetta, lo hanno fatto scomparire. L’isola ha una superficie di circa cinquanta ettari ed è costituita da calcari dolomitici. La sua forma è assimilabile ad un ellissoide con l’asse maggiore lungo circa 1 km, disposto in direzione Est-Ovest; l’asse minore misura circa 500 metri. La parte centrale dell’isola è occupata da un pianoro d’altezza variabile tra i 75 e i 100 metri. Il dorso scende poi lentamente verso ponente fino ad una quota di metri 73 sul Frontone. Su cui sorge una cinquecentesca torre di avvistamento. I versanti esposti a Nord ed a Sud si presentano con diversa morfologia. Il versante a Nord è costituito per quasi tutta la sua lunghezza da una falesia verticale, che scende a picco nel mare con un’altezza di circa 70 metri, fino ad interrompersi a pochi metri dal mare con una scogliera molto aspra. Il versante a Sud presenta un profilo meno aspro: degrada dolcemente verso il mare terminando con un’ampia scogliera; è quasi completamente ricoperta di macchia mediterranea e nella parte meridionale c’è anche una bella lecceta, che probabilmente in origine ricopriva l’isola.

Etimologia di DINO

Varie sono le interpretazioni sul nome. L’isola è stata chiamata “Dino o Dina” forse perché anticamente vi sorgeva un tempio (aedina) consacrato dai naviganti a Venere, dea dell’amore, o ai due Dinosauri, Castore e Polluce, il cui culto era tra i più diffusi tra le città della Magna Grecia, o più probabilmente a Leucotea, protettrice dei naviganti, venerata nella vicina città campana di Velia. La dea, secondo le credenze, avrebbe avuto il compito di rendere propizie le traversate lungo la costa che, per lo splendore del sole e per il luccichio quasi immobile del mare, più che mitica presenza delle Sirene, fiaccava le forze e assopiva le menti dei marinai nell’ora meridiana, con la caduta del vento e con l’incombente calura. Altri la volevano dedicata a Dionea, madre di Venere. Il nome DINO potrebbe però derivare dalla parola greca “DINE” che significa vortice, gorgo d’acqua, turbine, bufera. Il piccolo golfo, compreso tra l’isola e la Punta di Scalea, era temuto dagli uomini di mare a causa delle frequenti e violente mareggiate che ne rendevano difficoltosa la navigazione. Anche in epoca recente questo lembo di mare è temuto da pescherecci che vi praticano la pesca costiera.

La storia dell’ISOLA

Secondo la tradizione, nel V secolo d.C. sull’isola avrebbe dimorato l’eremita Sant’Isernio. In seguito alla lotta iconoclasta, voluta da Leone III Isaurico molti monaci si trasferirono nelle nostre zone e, accanto al Monastero di S. Elia, ubicato nell’attuale Santuario della Madonna, tra il IX ed il X secolo sorsero sull’isola la chiesa ed in monastero di San Nicola De Signa o De Dina che nel 1065 furono donati ai monaci di Santa Maria d’Acquaformosa.
Un’altra fonte riferisce che, tra il V ed il X secolo, sulle rovine del tempio pagano, sorse la chiesa di Santa Maria.
Oggi di queste opere restano poche tracce e qualche insignificante rudere. Le intemperie non hanno risparmiato neppure la maestosa e solenne croce di pietra eretta sull’isola nei primi anni del 1900.
L’isola fu testimone di lotte e battaglie, incursioni piratesche, assalti, difese disperate.
Vascelli mussulmani vi fecero tappa in più occasioni nel corso delle loro spedizioni militai nel nostro paese: nel IX secolo dopo Cristo, nel XV e nel XVI. Nell’estate del 1600 il litorale fu peso d’assalto dai Turchi, guidati da Amurat Rays, che con il suo esercito di pedoni e le sue navi terrorizzava il Meridione d’Italia.
Gli aietani si trincerarono sull’isola ed opposero forte resistenza. Dopo giorni di assalto i difensori guidati da Francesco Vitigno furono tutti catturati ed uccisi.
Nel 1806 l’isola divenne base delle operazioni della flotta anglo borbonica, agli ordini dell’ammiraglio Sidney Smith, che tentava di opporsi alla penetrazione dell’esercito napoleonico in Calabria.
Nel 1812 Gioacchino Murat elimina la feudalità. Il Demanio reale sottrasse l’isola al Marchese di Aieta, nella cui giurisdizione la stessa ricadeva e la concesse al Comune di Aieta.
Successivamente l’isola passa ai borbonici. Nei pressi dell’isola, durante la notte di Santo Stefano del 1917, un sommergibile tedesco affondò piroscafo inglese “Umballa” che trasportava derrate alimentari.
Dopo la tragedia che costò la perdita di molte vite umane, la campana della nave venne donata al Santuario della Madonna della Grotta. Fu issata sul campanile dopo essere stata ribattezzata “Santa Maria della Vittoria”.
Nel 1928 l’isola diventa proprietà del Comune di Praia a Mare, quando lo stesso diventa autonomo. Nel 1956 l’isola viene data in concessione per 99 anni al signor Sergio Serelli per la sua valorizzazione, senza alcun risultato.
Nel 1962 l’isola viene venduta per 50 milioni alla società Isola di Dino S.p.A. del Comm. Bottani e di Gianni Agnelli, che con consorella Mediterranea S.p.A. doveva portare allo sviluppo turistico a livello internazionale dell’intero territorio da Fiuzzi a San Nicola Arcella. Era prevista sull’isola un’edificabilità pari allo 0,20, con costruzioni alte metri 6,90. E’ stato effettuato lo sminamento dell’isola, ed è stata costruita una strada di 1700 metri che collega il pontile di attracco con la parte alta dell’isola, dove sono stati costruiti dei cottages. Nella parte bassa, all’altezza della Grotta del Leone, sono sorti dei tucul con ristorante. La proprietà dell’Isola di Dino è passata negli anni ad alcune società fino a quando nel gennaio 2010 Matteo Cassiano, giovanissimo imprenditore Praiese sensibile alle peculiarità ambientali del suo paese, ha intrapreso un processo di valorizzazione del sito, che ormai era abbandonato da diversi anni.
E’ da sottolineare il preoccupante fenomeno di ricongiungimento dell’isola di Dino alla terraferma, ascrivibile in gran parte alle correnti marine e alle forti mareggiate.

La Torre dell’Isola Dino

Torre dell'Isola DinoLa Torre dell’isola di Dino, di forma quadrangolare e di origine Normanna, fu utilizzata in epoca Angioina e Borbonica come punto di avvistamento contro le numerose invasioni della costa. Non è da confondere con la Torre di Dine o Dina di Capo Scalea. Poteva ospitare un presidio di otto uomini e un caporale. Fu costruita sulla punta occidentale dell’isola (denominata Frontone), a quota 73 metri sul livello del mare, come torre di avvistamento, di comunicazione e di allarme. Dalla torre si può ammirare lo splendido panorama del golfo e le nidificazioni degli aironi grigi e dei falchi pellegrini, il tutto condito dai versi dei numerosissimi gabbiani reali.

Le Grotte Marine

Il perimetro dell’isola, sprovvisto di arenile, misura 3 km. Lungo lo stesso si trovano delle Grotte interessantissime, in parte erose dal moto ondoso e ricche di concrezioni.
Iniziando il suo periplo dal versante Nord si incontrano le seguenti Grotte:

Grotta del MONACO

Molto piccola e di scarsa importanza, prende il nome da una roccia sovrastante che, a guadarla di profilo, dà l’idea di un monaco in preghiera. Molto suggestiva quando i raggi del sole la illuminano da ponente.

Grotta delle SARDINE

Si trova in un’insenatura, sotto il primo strapiombo. Le sue acque, sempre limpide, perché riparate dai venti, consentono di osservare ad occhio nudo il fondale, circa 10 metri di profondità. Si possono ammirare stelle marine e banchi di sardine che danno il nome alla grotta.

Grotta del FRONTONE

Doppiati gli strapiombi della punta occidentale, detta Frontone, la grande fronte dell’isola, su una banchina di grossi massi c’è un’ampia entrata della Grotta del FRONTONE, che si affaccia a mare guadando Punta Scalea con due grandi occhi. Quello a sinistra immette in un antro di ridotte dimensioni con pareti levigate dal flusso e riflusso delle acque nella stagione invernale e perciò quasi marmoree; quello di destra è molto più ampio e con le colonne calcaree e le concrezioni che lo sorreggono sembra quasi il pronao di un tempio; da esso, attraverso un’apertura piuttosto ristretta (bisogna essere forniti di una lampada ben luminosa) si entra in un primo ambiente a cupola irregolare le cui pareti sono lisce, levigate e ricche di incrostazioni stalagmitiche; l’antro continua ora restringendosi ora allargandosi in grandi caverne in cui le stalattiti e le stalagmiti hanno creato arabeschi veramente eccezionali.

Grotta delle CASCATE

Grotta delle CascatePosta ad una cinquantina di metri dalla grotta del Frontone in una larga frattura inclinata della stratificazione della roccia, è lunga 60 metri. Ci si può addentrare al suo interno con una piccola imbarcazione per una ventina di metri. La volta, che scende verso sinistra come spiovente di un tetto a una falda. È ricca di piccole e bianche stalattiti. Le acque sono limpidissime e lasciano vedere nitidamente le rocce levigate e arrotondate del fondo, ricoperte da un leggero strato di muschio. Ci si addentra poi a piedi e nel fondo della grotta si possono ammirare sui lati le rocce levigate dall’acqua e sul pavimento numerose conchette di forma diversa, simili ad acquasantiere.

Grotta AZZURRA

Grotta AzzurraPosta sullo stesso versante a Sud è lunga 70 metri. La sua bellezza è data da vaie componenti che armonicamente si fondono e creano uno spettacolo unico e suggestivo: la profondità di circa 12 metri, la disposizione e l’altezza varia della volta rocciosa non levigata, la posizione della cavità esposta a mezzogiorno con la parte interna orientata verso il levante e leggermente in penombra e gli effetti della luce, sia quella diretta che penetra all’interno della grotta attraverso l’ampia apertura e sia quella indiretta che riflessa dal fondo assume il colore azzurro verde rame, in contrasto con l’azzurro pastoso dei bordi interni. Acquista una particolare luminosità e bellezza a mezzogiorno, quando i raggi del sole la illuminano a perpendicolo. Caratteristici alcuni punti della volta che presenta piccoli buchi cilindrici opera dei litodomi.

Grotta del LEONE

Grotta del LeonePosta a Sud Est guarda direttamente verso la prospiciente spiaggia e la torre di Fiuzzi, protetta da uno sperone roccioso. E’ una cavità irregolare, nel cui basso fondale (circa 5 metri) si può pescare il corallo. Così detta per una roccia che, distesa nell’acqua di colore smeraldo, quasi al fondo della grotta, nella penombra dà l’idea di un leone disteso con la testa sollevata. La roccia della volta, striata ed angolosa, assume colori rossastri e grigio chiari con larghe macchie verticali verde e nero.

I Fondali dell’isola: LE GORGONIE

I fondali dell'IsolaEnrico e Rosaria Gargiulo, nel febbraio del 1990, sulla Rivista “Il Subacqueo” comunicano l’esistenza nei fondali dell’isola di Dino di una foresta di Paramuricee. Un ambiente che si estende su una piattaforma localizzata all’altezza del Frontone, nell’estremità occidentale, a meno di 30 metri e fino a 50, che ospita inoltre una notevole varietà di vita. Esemplari analoghi si trovano nei fondali dell’isola di Medas in Spagna, di Tavolara in Sardegna e Portofino. Sono però esemplari isolati. La particolarità della “Foresta di Dino” consiste nell’insolita colorazione che passa dal colore rosso a quello giallo cromo, con tutta la serie di sfumature intermedie evidenziate sulla matrice rossa centrale. Le colonie di Gorgonie arrivano fino a oltre un metro di altezza.

Flora e Fauna dell’Isola

Ricca presenza di flora sull'IsolaGià nel 1902 il Longo aveva rilevato sull’isola ben 104 biotipi e nel 1976 il prof. La Valva assieme al collega Ricciardi ne rilevò ben 271. Vi crescono il mirtillo, il lentisco, la ginestra, il leccio, il pino. Per gli amanti della botanica è da sottolineare la presenza di macchia mediterranea e leccete nonché varietà rare quali la Palma Nana (Chamaerops Humilis – anche chiamata Palma di San Pietro), il Talittro Calabro, il Garofano delle Rupi (Dianthus Rupicola) e la Primula di Palinuro (Primula Palinuri) così chiamata perché fino a poco tempo fa si credeva crescesse solo a Capo Palinuro, nel Salernitano.
Conigli selvatici, rondoni, colombaccio, il colombo terraiolo, la quaglia marina. Moltissime specie di volatili usano l’isola come sosta nelle loro migrazioni: la marzaiola, il germano reale, la beccaccia di mare.